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in me non vivo, or ravivarmi in esso,
in me già morto, immortalarmi in lui.
Piacemi assai che meraviglie puoi
formar sì nòve, angel non già, ma Dio: 10
animar l ombre, anzi di me far noi.
Che s or scarso a lodarti è lo stil mio,
con due penne e due lingue i pregi tuoi
scriverem, canteremo, ed egli, ed io.
[11a]
sopra il proprio ritratto,
di mano di bartolomeo schidoni
Togli il rigor del gelo e de l arsura,
e l orror de la notte ombrosa e bruna,
e  l pallor de la morte insieme aduna:
fanne (se far si può) strania mistura.
Prendi quant ha la regïone oscura 5
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Letteratura italiana Einaudi
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pene e tenebre eterne ad una ad una,
quant ha d amaro Amor, di reo Fortuna,
d imperfetto e di misero Natura.
Scegli il tosco de l Hidre, accogli poi
de le Sirti le spume, e tempra, e trita 10
con sospiri e con pianti i color tuoi.
Così, schidon, verace, e non mentita,
farai l imagin mia. Ma se tu vuoi
farla viva parer, non le dar vita.
[11b]
sopra il proprio ritratto,
di mano di pietro malombra
L età nostra, malombra, è luce breve,
ahi come tosto spunta, e tosto manca!
La guancia increspa alfin, la chioma imbianca,
dove rideano i fior , fiocca la neve.
Ma di tua man (novo stupor) riceve 5
vigor la mia virtù debile e stanca;
e  l tuo pennello il termine rinfranca
di que pochi che  l Fato anni mi deve.
Perché, mercé di questa effigie mia,
egli è pur ver, che né per tempo invecchio, 10
né per morte morrò, quando che sia.
E se la lingua il suon nega a l orecchio,
l occhio vi trova almen quanto desia:
tal che non so, se sia pittura, o specchio.
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Letteratura italiana Einaudi
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[11c]
sopra il proprio ritratto,
di mano di giulio maina
Ritenne Giosuè, mercé di quelle
a distornar il Ciel note possenti,
del biondo Auriga i corridori ardenti,
e legò l ali a le volanti ancelle.
Ma se sospese e stupide le stelle 5
fermaro i giri rapidi e correnti,
poi ch ubbidiro agli efficaci accenti,
tornàr per le lor vie lucide e belle.
Giulio, tu quel ch ei fe con le parole,
fai con la man, che tronchi a l Ore i vanni, 10
né già per breve spazio arresti il Sole.
Ma ne tuoi dolci ed ingegnosi inganni
vedrò me stesso, ancor che  l Tempo vóle,
ne la più fresca età dopo molt anni.
[11d]
sopra il proprio ritratto,
di mano di francesco purbìs
Tu, che  n sì rari modi
rubato m hai mirabilmente il volto,
e me medesmo a me medesmo hai tolto,
poi che  l tuo furto è degno
d alta facondia di famoso ingegno, 5
né penna ho io sì chiara, o sì pregiata,
come l alma gli hai data,
dàgli la lingua ancor, perché la snodi,
e dàgli anco lo stil, perché ti lodi.
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[11e]
sopra il proprio ritratto,
di mano di giovanni contarini
O di me vivo in viva imago espresso
memoria al mondo eterna, opra gentile,
quel che non mai dal mio loquace stile,
da l altrui muto or m è sperar concesso.
Deh come in te mi specchio, e veggio spesso 5
me quanto a te, te quanto a me simile:
tu ombra vana, io ombra oscura e vile:
tu non intera, io parte di me stesso.
Tu taci, a me la voce ha tolta Amore.
Tu non hai cor, né vita: io non ho meco, 10
misero (e vivo pur!) vita, né core.
Vanne al mio Sol, forse pietoso teco
(se non incenerisci a tanto ardore)
l alma mia ti darà: ch egli l ha seco.
[12]
a rafaello rabbia
parlando del proprio ritratto
Questa, onde tanto i tuoi desiri inganni,
del mio sembiante imaginata forma
non è se non del corpo un ombra, un orma,
Rabbia, ch al fin disparirà con gli anni.
L altra parte di me, ch implica i vanni 5
al vago Spirto che  l suo fango informa,
n andrà, fin che sotterra il mondo dorma,
disciolta in polve, a terminar gli affanni.
Ma la più pura e bella, in cui scolpita
la sembianza il Fattore ha di se stesso, 10
vivrà mai sempre incorrottibil vita.
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Letteratura italiana Einaudi
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Sìami in questa da te loco concesso:
ch uopo non ha d imagine mentita
chi ne l anima sua mi porta impresso.
[XVI]
Ritratti Burleschi.
[1]
merlino cuccai
La gran Maccheronea da me composta
è fatta a punto come i maccheroni,
che sopra di formaggio hanno la crosta,
e dentro son fodrati di capponi;
perché tanta dottrina v è nascosta 5
che non è da inghiottirla in duo bocconi.
E se ben la coverta è saporita,
chi tocca il fondo si lecca le dita.
[2]
luigi pulci
Se bene un Granchio fe morir Morgante
quando gli diè di morso nel tallone,
non però il mio Poema, ch è Gigante,
morrà, quando il mordesse anche un Dragone;
però c ha in sé tante facezie e tante, 5
e dà tanto sollazzo a le persone,
che son presso a la mia l altr opre tutte
come presso a Morgante era Margutte.
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[3]
francesco bernia
Che bell umor mi venne in fantasia,
cantando in su la piva a la carlona,
voler montar in panca in Helicona.
Oh gli è pur dolce la poltroneria!
Ebbe la venerabil testa mia, 5
a guisa di copeta, la, corona;
ma la mia Musa sudicia e buffona
la fe d un lauro tolto a l osteria.
M allacciai poëtando la giornea,
e celebrai l Anguille, e l Orinale: 10
fino a le brache di Maestro Andrea!
Servii molt anni in Corte a un Cardinale,
il qual perché Poeta mi vedea,
non mi fece già mai né ben, né male.
Ben abbia lo Spedale: 15
ché sol perch io la peste avea lodato,
non volse in su  l morire essermi ingrato.
[4]
cesare caporali
Gazettier d Aganippe, seu Menante,
gran caporal de la squadra burlesca,
mi burlai de la Musa Petrarchesca
sonando un Colascion dolce e piccante.
Del Tinel pidocchioso arcifurfante 5
biscantai l asinagine furbesca;
e feci al canto mio saltare in tresca
l impertinente naso d un Pedante.
Don Mecenate mi fe suo Notario,
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e posto il testamento in protocollo, 10
mi lasciò de le berte legatario.
Poi le mie rime, quando il Padre Apollo
gli fece celebrar l Anniversario,
come facchine, lo portaro in collo.
La Mula mi diè  l crollo, 15
che per fuggir la furia del Pegàso,
mi fece tombolar giù da Parnaso.
[5]
camillo querno, arcipoeta
Quell io, strenuo Beone,
ch a le mense Papali [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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